Aprile 2021

Editoriale

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Quarto Numero-Aprile ’21

È curiosa la materia del tempo. Se il tempo degli innamorati, quello della felicità nell’azione, viene spesso descritto da chi lo vive con aggettivi di leggerezza- il tempo che appare “sospeso”- l’anno che è passato, dalla comparsa del primo DPCM del confinamento, ci ha lasciato addosso il segno deciso della pesantezza.

Come mai prima nella storia, la vita su tutto il pianeta è stata ri- plasmata da un manipolo di esperti, militari, capitalisti “illuminati”. Poco o nulla è rimasto non toccato da questi “chirurghi col manganello”: chi, dove e quando possiamo incontrare, che uso (non) fare del nostro corpo, fino ad una lunga lista di sacrifici sull’altare del loro mondo. Tutte le soluzioni approntate durante quest’anno di epidemia sono infatti accorgimenti tecnici per tenere in vita un’organizzazione sociale basata sul dominio dell’uomo sull’uomo, sulla guerra, sulla devastazione della natura. E, vedremo, tutto ciò che si prepara con la definizione suadente di “transizione” è ancora più mostruoso.

Il trauma di un anno di violenza istituzionale sparge i suoi segni un po’ dappertutto: dalla difficoltà a verbalizzare la dismisura dei cambiamenti di vita, alla diffusione del disagio psichico e dell’uso di droghe legali (psicofarmaci ecc.), all’autocensura preventiva delle opinioni divergenti con l’operato del governo.

Eppure, addebitare tutto quello che è successo alla sola cattiveria di chi governa sarebbe vittimistico e ingiusto.

Innanzitutto perché vittime non si nasce ma ci si diventa. In secondo luogo perché ci risulta chiaramente come la dinamica della servitù volontaria abbia avuto un ruolo importante durante questo anno di governo pandemico. Per fare un esempio banale, prima che il governo imponesse l’uso delle mascherine all’esterno- con la collegata possibilità di venire fermati dagli sbirri in qualunque momento- molte persone avevano anticipato questa scelta indossandola sempre, anche da soli in macchina. Allo stesso modo possiamo pensare che avverrà qualcosa di simile con i vaccini: se a sottoporsi volontariamente a questo esperimento medico di massa saranno in moltissimi, sarà più facile per lo Stato imporre costi sociali altissimi a quella minoranza sacrificabile che non vorrà farlo.

L’ubbidienza preventiva, questo segno della buona educazione impartita agli oppressi dagli oppressori, inoltre ha contribuito a formare il governo di tagliateste attualmente in carica.

E allora perché dopo un anno così duro, volere far vivere una pubblicazione come Scirocco?

In primo luogo, per riprendere il filo dei ragionamenti dove si erano interrotti. Poi, per non rimanere schiacciati dalla “ragione dei ragionieri” che ci satura l’anima: aprire, quindi, le maglie sempre più strette di questo silenzio da apnea, magari prendendo lezione dalle storie, dalle parole degli oppressi in rivolta.

Infine, ma è la cosa più importante, per ricordare che le parole, le analisi e i discorsi non bastano.

Quando la Storia imbocca quel crinale in cui l’espropriazione totale del corpo è a un passo, è proprio all’accordo di corpi, cuori e tempo di vita che bisogna affidare le proprie intenzioni. In rivolta, perché non c’è libertà- e vita, in fondo- senza rischi.

P.s. Non vorremmo che chi è arrivato alla fine di queste righe pensi che vediamo solo il brutto di questa vita. Al contrario, pensiamo che il bello che già c’è possa, debba, trascinarci verso il bello che è possibile. La “filosofia del giardino”- ecosistema di armonie tra l’agire trasformativo umano e quello che “prima” era natura- che gli arabi ci hanno lasciato in eredità, è ancora qui, nonostante la barbarie capitalista imperversi fuori e dentro di noi. Il bello che potrebbe essere sta nel portare quell’istanza trasformativa, i saperi taciti degli equilibri ciclici, fuori dai confini del giardino, nel mondo braccato dal dominio totale; passando dalla coscienza che mai come oggi non c’è confine tra cura e lotta, tra amore e rivolta. È per abbattere la soglia tra i due mondi che è necessario
abbatterne il guardiano: le nostre paure, cioè il brutto della vita.