Approfondimenti

Agosto 2023

Abbiamo prodotto un testo, a metà strada tra il contributo al dibattito e l’agitazione rivoluzionaria, sugli incendi. Riportiamo l’introduzione e il link al pdf per leggerlo interamente,

Un giorno un giornalista andò da un poeta e gli chiese: «Qualora le si incendiasse casa,

lei cosa salverebbe?»

Il poeta rispose: «Il fuoco»

Guido Celli

Questo cosmo non lo fece nessuno degli dei né degli uomini

ma sempre era, ed è, e sarà.

Fuoco sempre vivente che con misura divampa

e con misura si spegne”

Eraclito, Frammento 2

Questo scritto parte per dare conto di uno stato di scuotimento  e tentare una via di uscita: quello scuotimento che ti prende quando tutta la terra, che senti tua in modo non proprietario, brucia quasi per intero (un’esperienza estiva che si ripete a cicli sempre più brevi). Come tutte le esperienze eccedenti, è caratterizzata nelle prime fasi da uno spettro di sentimenti indistinti: rabbia, sgomento, sconforto, tristezza. Quando la casa brucia si vive il dubbio radicale su quanto sia vera la conoscenza che presumiamo di avere su di essa. Questa situazione psicologica di radicale spiantamento nel caso degli incendi della settimana scorsa si è spansa su tutta l’isola, densa e spessa come il fumo nero che abbiamo respirato.

Come reazione fisiologica e giusta, da più parti stanno nascendo assemblee (alcune più a taglio territoriale/autorganizzativo, altre di taglio più generale1) che poggiano su un sano e netto rifiuto di delegare la salvaguardia del territorio e delle collettività abitanti alla politica e alle istituzioni, cercando di dotarsi di strumenti di analisi, prospettiva e intervento autonomi. Consideriamo questo scritto come un piccolo contributo in tal senso, realizzato da una prospettiva schiettamente e concretamente libertaria. Uno sguardo, quindi, animato da una tensione etica che consideri l’importanza della massima aderenza mezzi/fini e che cerchi di scorgere e costruire percorsi in cui si valorizzino soluzioni che non alienino mai dalle assemblee il potere di comprendere (il) e agire (sul) territorio. Un spirito curioso e capriccioso abita da sempre la storia delle assemblee: a seconda di come gli giri, queste possono essere occasione di incontri inauditi, di meraviglia e reinvenzione della vita (risolvendo problemi concreti e andando ben oltre) o, al contrario, volgere in aridissime imitazioni dei parlamenti con tutto il corollario di palloni gonfiati di retorica e vanagloria. Ma non ci si inganni: l’umore di questo spirito dipende direttamente dall’attenzione che tutti gli individui associati in assemblea donano ai processi e agli argomenti di vita comune che si affrontano. Quindi lunga vita a queste assemblee, che durino e fioriscano al di là del tempo e delle ragioni della cosiddetta emergenza.

ilproblemanonèilfuoco

Giugno 2022

E’ uscito, a cura della redazione di questo blog, l’opuscolo “Capitalismo resiliente. Uno sguardo siciliano su estrattivismo e nocività del new green deal”.

Ecco il link per scaricarlo: CapitalismoResiliente

Per chi volesse richiederne qualche copia, basta scrivere alla mail: scirocco@autoproduzioni.net

Il lavoro raccolto in queste pagine, ha trovato il suo slancio iniziale nella volontà di fornire strumenti di analisi e di critica che potessero concretizzarsi in forme di resistenza attiva delle popolazioni locali contro l’eventualità di un deposito permanente di scorie nucleari, la cui costruzione è stata annunciata un anno fa, in pieno periodo di emergenza sanitaria (e non a caso, proprio quando le strade svuotate con la paura del contagio prima, e della repressione poliziesca poi, avrebbero e hanno permesso l’avanzare senza ostacoli, di una serie di progetti mortiferi, 5G compreso) con l’elenco dei siti candidati ad accoglierlo. Ci è parso allora necessario e urgente muoverci a prescindere dalla ricaduta effettiva del sito sul territorio che abitiamo, per avere il tempo utile ad allargare gli orizzonti, tessere nuove complicità e prepararci alla lotta.

L’opuscolo non ha visto la luce per vari incidenti di percorso, ma a distanza di un anno, con lo scoppiare di un’ennesima Guerra che minaccia, stavolta, di farsi “mondiale” pensiamo che il materiale messo insieme e rivisto, rimanga valido nelle sue premesse, e utile nel contribuire allo slancio necessario a uscire dalla passività e rischiare, ancora e sempre, il tentativo della liberazione.

Introduzione

Siamo convinti che qualsiasi agire abbia bisogno di prospettive concrete per manifestarsi. E che la prospettiva di chi vuole liberarsi non può non partire dall’analisi delle strutture del dominio, tanto in una dimensione temporale quanto in una spaziale e geografica.

Sul primo punto, se proviamo a leggere cosa ci riservano i piani del potere per il futuro, vediamo l’accentuarsi ad un ritmo esponenziale della natura energivora e biocida del sistema capitalistico. Se non si guarda con occhio ideologico, appare evidente come TAV dappertutto, 5G (ossia una connettività da 1 GB/sec), data center, e una lunga lista di eccetera, comporteranno un aumento enorme della quantità di energia richiesta.

La cornice concettuale che adottiamo è quella dell’estrattivismo, termine proposto da Ràul Zibechi, per descrivere le politiche di rapina del capitalismo globale ai danni del Sud del Mondo. A chi storcerà il naso per l’utilizzo indebito di questa categoria riferita ad una regione periferica d’Europa, rispondiamo che l’enormità dei cambiamenti in corso stanno avendo, questa è la nostra opinione, conseguenze anche sulle geografie dello sviluppo e del sotto-sviluppo e, quindi, sulla distribuzione della violenza sottesa. Vogliamo anche spingerci oltre: è per effetto di una vera e propria manipolazione ideologica che le regioni del Sud Italia non vengono considerate colonie interne, ieri d’Italia e oggi d’Europa.

Se la presenza delle scorie non è scindibile dalla produzione di energia, non può bastare, oggi, opporsi alle nocività già prodotte nei cicli passati. Occorre anche riconoscere il processo a monte, cioè criticare (e agire contro) la presunta neutralità della dichiarata “necessità di energia”.

Il lavoro che segue vuole essere un aggiornamento ed un strumento in prospettiva, per chi ritiene che riprendere le ostilità verso un sistema economico assassino e biocida, coniughi saggezza, istinto di conservazione e passione per la libertà.

Nella prima parte, affronteremo questioni più generali che rimandano, da un lato, al clima di catastrofe che si respira, alla sua difficile governabilità che a sua volta rende centrale e virulento il ricorso delle classi dominanti alla propaganda e alla manipolazione, e a tutte quelle tecniche che rendano continuabile l’accumulazione, costi quel che costi (e infatti, tra gli a rischio estinzione, c’è anche la facoltà umana del pensare, del dubitare)- inquadriamo in questo senso il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Rifletteremo anche sulla centralità, tanto materiale quanto teorica, assunta dai territori in questa fase in cui sviluppo capitalistico, guerre di rapina, nocività crescenti, colonizzazione del pianeta ma anche dell’immaginario e delle interiorità degli/le oppressi/e, appaiono come un tutt’uno tanto terribile quanto fantasmagorico e sfuggente. Come si capisce, i due piani sono per noi intrecciati e, anche per questo, ci sembrano sospese in questo tempo sia occasioni potenziali che pericoli imminenti. È, a parere nostro, compito delle critiche radicali costruire (riappropriarci di) strumenti utili a pensare e ad agire con il fine della liberazione. Qui e là, in questa prima sezione, troverete anche accenni a vicende di oppressioni specifiche siciliane: storie da ricordare come tutte quelle ancora invendicate.

La seconda parte è quella più di inchiesta, qui ci concentreremo su alcuni progetti in corso e in cantiere che modificheranno la fisionomia e gli equilibri ecologici di interi territori (alcuni già devastati). Al tempo stesso, proprio perché la propaganda prepara il terreno materiale delle devastazioni, non tralasceremo neanche qui la critica del suo ruolo nelle vicende raccontate e, in alcuni casi, chi sono i produttori prèt à porter di ideologia al suo servizio.

A fare da rumore di fondo all’interezza di questo testo il sentire, ancor prima del con-sapere, che uno scontro ultimativo tra capitale e possibilità libertarie della frazione occidentale della Specie si sta giocando in questi anni densi di avvenimenti, di bombardamenti e di fumi. Il sentire, quindi, che è più che mai imprescindibile l’affrontare- innanzitutto tra le minoranze agenti, poi chissà- l’effetto ottico e polmonare dei fumi che inquinano i corpi e le menti, per scorgere nuovi, potenziali punti di appoggio dello sguardo, grazie ai quali sovvertire gli avvenimenti già decisi e immaginare una vita radicalmente altra tornerà possibile.

 

Marzo 2022

Per chi sente il ticchettio

Questo contributo è stato scritto da un compagno in vista dell’Assemblea pubblica “Per chi sente il ticchettio” che si è tenuta alla LUPo a Catania, il 3 marzo scorso.

La lunghezza del testo non scoraggerà chi intende davvero leggere il mondo intorno a noi, i pilastri materiali che ne reggono l’alienazione, lo sfruttamento, la violenza cieca e l’idiozia. È proprio perché a lungo sono mancate, a queste latitudini, le fiammate dell’azione che la matassa si è ingarbugliata e, di conseguenza, il discorso si deve fare più lungo. Speriamo che queste parole possano essere usate come lime: per affilare gli sguardi, per squarciare le nebbie, per riprendere a cospirare.

contributoCatania

Giugno 2020

Di razzismo strutturale, mafia e colonialismo interno. Di nuovo da Sud.

«Il fuoco sopraggiungendo giudicherà e condannerà tutte le cose»
Eraclito, frammento 66.

Di fronte alla generosa luce del fuoco dei riots americani, molti commentatori, giornalisti, liberals ritrovati e intellettuali nostrani, hanno scoperto l’America. Lì, il razzismo omicida dei corpi di polizia, il suprematismo bianco, la povertà imposta e l’indigenza, la popolazione carceraria più grande del mondo, non sono (più) espressioni residuali di un progetto incompiuto di “democrazia inclusiva”: sono gli elementi strutturali dello stesso capitalismo americano, la precondizione dell’ “american way of life” per pochi. Si sa, questi leoni della parola sono più inclini a vedere la verità dei poteri lontani, cioè quelli che non emettono direttamente le loro buste paga1.
Deve essere per questo che gli stessi soggetti non colgono la contraddizione in loro stessi quando qui, in occasione delle rivolte nelle carceri, riportano solo il punto di vista dei sindacati delle guardie carcerarie; e quando si passa alle torture che lo Stato italiano perpetra, ad esempio nelle sezioni di 41 bis?
Non si discute, c’è di mezzo l’ombra della Mafia, dunque “tolleranza zero, pugno di ferro” eccetera.
[…]
Torniamo però alle nostre latitudini culturali e sociali, partendo da un punto fermo: il capitalismo è apartheid. Ovunque. Questo significa che nei processi sociali che hanno accompagnato la nascita della modernità capitalistica non sono stati impiegati solo mezzi militari, dispositivi di controllo della popolazione e tutti quegli elementi che compongono la parte “dura” del dominio di classe organizzato statualmente1. Una parte fondamentale dei sistemi di apartheid e di dominio coloniale è infatti il lavoro culturale, ideologico e linguistico, volto a inferiorizzare segmenti di popolazione sulla linea già tracciata dello sviluppo ineguale- che è poi la base strutturale per far partire i meccanismi del profitto e dell’accumulazione; al contempo, dividere il fronte degli oppressi e criminalizzare le rivolte, mostrificandone i protagonisti.
Una funzione quindi, quella ideologica, che opera un ribaltamento tra cause ed effetti dei fenomeni sociali e che, fin dalla nascita del capitalismo globale, ha trovato principalmente espressione nel razzismo. Nel contesto Italiano, dunque di uno Stato nazione capitalistico che ha dovuto creare le proprie condizioni di esistenza in fretta e furia, questo razzismo si è per lungo tempo organizzato sulla “questione meridionale”.

Per leggere o scaricare il testo completo:
Di razzismo strutturale, mafia e colonialismo interno. Di nuovo da Sud

 

Giugno 2020

Da romperelerighe.noblogs.org

Un opuscolo su ENI e la sua propaganda “verde”

Segnaliamo l’uscita dell’opuscolo “Follow the green: la narrazione di Eni alla prova dei fatti” redatto dalle associazioni A Sud e CDCA – Centro Documentazione Conflitti Ambientali, che lo hanno presentato il 14 maggio tramite diretta internet sui loro canali informativi.

Questo lavoro di 133 pagine è incentrato nel denunciare la politica propagandistica di ENI negli ultimi anni, per quanto riguarda i suoi progetti di riconversione della produzione di energia da combustibili fossili in energia cosiddetta verde. Capitolo dopo capitolo viene smontato con gli stessi dati e dichiarazioni dell’azienda, la facciata che essa ha messo in piedi tramite tutti i canali d’informazione che si possano conoscere. Non c’è progetto green venduto al pubblico che non abbia qualche scheletro nell’armadio: la capacità narrativa tramite efficaci video e pubblicità è notevole e fa ben capire dove sono finiti i 78 milioni di euro che ENI ha speso per dare al mondo un’immagine di se stessa che è ben lontana dalla realtà. Senza contare che ENI sta facendo accordi con la scuola per introdurre dei corsi formativi rivolti agli studenti sulle questioni ambientali ed energetiche. Dopo i militari, anche questa azienda sta cercando di formare a suo uso e consumo la futura e potenziale classe dirigente entrando nelle classi delle scuole del nostro paese. La sua visione deleteria e criminale, la troviamo propedeutica per due motivi: il primo è legato al fatto di creare, o meglio di opprimere, nelle menti dei giovani un pensiero su temi così complessi che porti all’annullamento dello spirito critico; il secondo, che solo tramite l’intervento dello Stato e delle sue aziende più o meno private si possa intervenire nella complessità della realtà. Il pensiero libero viene sradicato nel momento in cui è più florido, cioè nella mente di ragazzi e ragazze che si approcciano alla vita. Forse questi signori sanno che andando avanti così il futuro non è roseo, e come dimostrano le recenti sommosse americane, cilene, francesi, libanesi, irachene, hongkonghesi, c’è una parte dei giovani che ha molte motivazioni per ribellarsi a chi del futuro vuole farne una catena avvelenata. Criticare apertamente problemi ampi come l’inquinamento e il consumo e produzione di energia è fondamentale per tutti, ma porlo in modo radicale è fonte di paure per le multinazionali e per lo Stato e quindi va stroncato sul nascere, intervenendo, come dicevamo sopra, alla radice di una possibile nascita di nuovi individui liberi e non addomesticati.

ENI è una multinazionale senza scrupoli, gli AD che si susseguono negli anni sono dei corruttori, i suoi dirigenti hanno le mani in pasta nei paesi più poveri dove intreccia alleanze illegali o legali, e con i politici locali, per avere nuove concessioni per le esplorazioni di nuovi giacimenti. Senza contare la sua politica menefreghista rispetto ai danni ambientali che fa in mezzo mondo. Dove ENI opera c’è, nel senso stretto dei termini, morte e distruzione.

Le sue scelte verdi sono in realtà una parte residuale rispetto alle altre sue attività (le energie fossili si sommano a quelle chiamate verdi – che verdi non sono per nulla ) perché è questo sistema capitalista a richiedere sempre più energia per i suoi interessi e per il mondo che ci sta costruendo attorno. E, forse, l’aver investito nei poli industriali di Gela e Marghera in realtà non è altro che una scommessa per il futuro. Forse: perché le loro analisi si pongono il problema di essere più indipendenti possibili dai futuri risvolti geopolitici sempre labili e non di lungo termine. Si vedrà nel tempo cosa accadrà a riguardo.

L’Italia è un paese fortemente importatore di energie altrui, non ha capacità di autosostenersi (per come funzionano le cose oggi) e per questo ENI è fondamentale per il capitalismo tricolore , il suo peso si deve far sentire. Potremmo dire che chi rappresenta l’Italia all’estero non è il fantoccio Di Maio ma gli AD di ENI, Leonardo, Fincantieri, tutte quelle società con partecipazione pubblica che riescono ancora a competere a livello mondiale sui terreni fondamentali per i rami del potere globalizzato.

Non siamo d’accordo con i giudizi finali dei redattori di questo opuscolo – che non ha velleità di lotta ma è un lavoro di inchiesta ambientale – per quanto riguarda il commento finale sullo Stato. Ancora una volta ci ritroviamo in mano un ottimo lavoro di denuncia ma privo di una critica radicale alla società in cui viviamo, quindi di conclusioni serie rispetto al cosa fare contro aziende del genere. Appellarsi allo Stato su questi temi, ancor di più in questo periodo, è sconsolante: cosa ancora deve accadere per capire che in quei luoghi in cui ci si appella al cambiamento come fanno i giovani di Friday for Future, non ci si troverà nulla di buono, e che anzi, proprio dalla creazioni di movimenti di massa così riformisti che si è messa in moto una macchina “recuperatrice” da non sotto valutare in qualsiasi ramo giovanile. Con questo intendiamo che, se da una parte auspichiamo la nascita di nuovi movimenti più o meno giovanili che si pongano seriamente i problemi sociali di cui l’umanità è attanagliata, alla stesso tempo a nostro avviso i referenti sono sbagliati perché con chi ci governa e avvelena non si discute, si lotta. Allo stesso tempo troviamo che la critica all’industria in generale sia mancante di aspetti importanti come l’importanza del reparto bellico, gli interessi dei capitalisti, il loro cinismo che non guarda in faccia nessuno ma solo agli indici di borsa e ai segni “più” in banca. Se non si tiene conto di questi e altri fattori, la critica rischia di essere superficiale. Se il desiderio di questi movimenti è veramente di fermare l’inquinamento il prima possibile allora sarebbe il caso di porsi – sappiamo che non è semplice – il problema del conflitto. Perché se i padroni del mondo facessero per opera di carità, quello che questi movimenti chiedono, allora addio profitti e potere. Cosa che crediamo non avverrà se chi ha cuore le sorti di questo mondo non prenderà seriamente la strada di un cambiamento irreversibile che noi chiamiamo rivoluzione sociale, e quindi una presa di coscienza ampia su cosa dovrà drasticamente cambiare in questo mondo.

Qui sotto il link dove scaricare l’opuscolo:

https://asud.net/follow-the-green-la-narrazione-di-eni-alla-prova-dei-fatti/

Qui altri materiali sull’argomento usciti recentemente:

https://radioblackout.org/2020/05/shell-must-fall/

https://www.terredifrontiera.info/riconversione-raffineria-di-gela/

https://www.dinamopress.it/news/viggiano-la-madonna-nera-petrolio/

 

Marzo 2020

Covid19 e Stato Totale. Prospettive da Sud

Sono già numerosi gli scritti che offrono un’analisi di ciò che sta accadendo con e intorno la “pandemia” da
corona virus e siamo convinti che, seppure con difficoltà, il confronto sull’abisso di domande sollevate dalla
gestione dell’emergenza, ci debba impegnare proprio per la radicalità che esso richiede, in termini di pensiero
e proposte pratiche.
Mai come ora, o forse, come sempre quando i piani si confondono e si moltiplicano con spaventosa
voracità, mettendoci sull’orlo dell’abisso di cui sopra, si vacilla, si sospende il passo. Ma, il dubbio, se
opportunamente coltivato, ci suggerisce di diffidare persino (soprattutto?) delle nostre emozioni (partecipi
dell’angoscia collettiva che una epidemia, straordinariamente amplificata dai media, provoca, senza per questo
dissimulare o ridurre ad accidente il dolore e la paura che ci riguardano o circondano) e affidare, invece, allo
spirito critico la nostra bussola.
Le rivolte che hanno incendiato le galere di tutta Italia (i cui echi risuonano, adesso, in quelle di mezzo
mondo) ci auguriamo abbiano avuto anche l’effetto secondario di fare a brandelli la retorica che, spesso,
indossiamo con tanta solerzia, tradendo pochissima persuasione. Quella parte di umanità rinchiusa che, con
l’istinto di chi sa ancora prima che le cose accadano, si è rivoltata, facendo della rivolta l’unica possibilità
d’affermazione della vita, ci ha parlato e continua a farlo, a noi che in questo fuori sempre più ristretto, abbiamo
comunque il privilegio della scelta. La veggenza degli oppressi non passa dal linguaggio, non costruisce discorsi,
ma è richiamo ininterrotto e senza misura. Dedichiamo questo scritto ai rivoltosi e ai quindici morti nelle rivolte
di Modena, Alessandria e Rieti, sapendo che di quella stessa ferocia sarà armata la mano del potere nel
ridisegnare una nuova geografia di “sommersi” e “salvati”: dove ci troveremo, da quale parte del confine e se
in lotta per sovvertirlo, dipenderà da come avremo armato la nostra volontà e dai complici che saremo riusciti
a incontrare.
Dunque, tentiamo di essere all’altezza.

Per leggere o scaricare il testo completo:

Covid19 e Stato Totale. Prospettive daSud